“Uno, nessuno e centomila”: riassunto dell’opera
Contesto dell’opera
Uno, nessuno e centomila è l’ultimo romanzo scritto da Luigi Pirandello, pubblicato nel 1926 dopo una lunga gestazione. È anche l’opera che più radicalmente esprime il suo pensiero filosofico e la crisi dell’identità moderna. Il protagonista, Vitangelo Moscarda, compie un vero e proprio viaggio esistenziale, che lo porterà alla completa dissoluzione del proprio “io”. L’opera è narrata in prima persona e ha un tono diaristico, riflessivo, quasi filosofico.
Trama dettagliata
L’inizio del crollo: il naso storto
La storia comincia con un episodio banale, ma destinato a scatenare un terremoto interiore: la moglie di Vitangelo, Dida, gli fa notare che ha il naso leggermente storto. Per la prima volta, Moscarda si rende conto che gli altri lo vedono in modo diverso da come lui si vede. Questo piccolo dettaglio provoca in lui una profonda crisi: se gli altri notano cose che lui non conosce di sé, chi è davvero?
Uno, nessuno, centomila
Moscarda comincia a riflettere sull’idea che ogni persona ha un’immagine diversa di lui, a seconda di chi lo guarda. Non è “uno”, ma centomila, ovvero tante versioni quanti sono gli sguardi degli altri. Ma al tempo stesso non è nessuno, perché non ha un’essenza stabile, un’identità vera.
Inizia così una serie di esperimenti esistenziali per smontare l’immagine che gli altri hanno di lui.
Il gesto del Marco Di Dio
Per contrastare l’immagine borghese e autoritaria che gli altri hanno di lui, Moscarda compie un gesto provocatorio: sfratta un povero uomo, Marco Di Dio, e poi gli costruisce una casa migliore. Lo fa per distruggere il personaggio del “banquiere Moscarda” e dimostrare che è libero da qualsiasi ruolo imposto.
Ma l’esperimento fallisce: invece di liberarsi, viene visto come un pazzo. La società non accetta che qualcuno esca dai ruoli prestabiliti.
Il rapporto con Dida e Quantorzo
Nel corso del romanzo, Moscarda osserva anche la moglie Dida e l’amico Quantorzo da questa nuova prospettiva. Li vede agire, parlare, giudicare, senza mai comprenderli veramente. Si rende conto che neanche le relazioni affettive sono autentiche, perché sono basate su finzioni, convenzioni e aspettative.
Arriva perfino a guardare se stesso come se fosse un altro: si osserva allo specchio, si analizza nei comportamenti quotidiani, si stacca da ogni ruolo sociale e da ogni forma di identificazione.
Il crollo finale: la follia e la liberazione
La crisi si fa sempre più profonda. Moscarda comprende che l’io è un’illusione: ciò che chiamiamo “identità” è solo una maschera, un’astrazione che ci viene imposta dalla società.
Alla fine, si libera da ogni ruolo: vende i suoi beni, si allontana dalla città, vive in una casa di carità tra i poveri, senza nome, senza legami. Rinasce ogni giorno, libero e fluido, senza più bisogno di essere “qualcuno”.
«Io sono vivo, e non più uno. Non più nessuno. Centomila.»
Temi principali
Crisi dell’identità
Pirandello mostra come l’identità non sia fissa né autentica: è una costruzione sociale, il risultato dello sguardo degli altri.
La maschera e il ruolo sociale
Come nelle sue opere teatrali, anche qui Pirandello parla delle “maschere” che indossiamo per adattarci agli altri. L’io è un “personaggio” che recitiamo inconsapevolmente.
Alienazione e follia
Il protagonista è ritenuto pazzo dalla società, ma in realtà è l’unico che ha colto la verità: la vita non ha forma fissa, ed è impossibile definirsi in un’unica identità.
Liberazione
Alla fine, la follia diventa una via di salvezza: solo rinunciando all’idea di essere “uno” si può vivere davvero, liberi da ogni costrizione.
Uno, nessuno e centomila è un’opera complessa e profondamente moderna, che anticipa molte riflessioni esistenzialiste e psicoanalitiche. Vitangelo Moscarda è un personaggio universale: chiunque, almeno una volta nella vita, si è chiesto “Chi sono davvero?”. Pirandello ci accompagna in questo viaggio senza darci risposte facili, ma con una chiarezza disarmante.